Contratto a chiamata: cos’è e come funziona

Contratto a chiamata: cos’è e come funziona

Contratto a chiamata: cos’è e come funziona

Diffuso soprattutto nel settore del turismo, dello spettacolo e dei pubblici esercizi, il contratto di lavoro a chiamata, detto anche intermittente o job on call, è un particolare tipo di contratto con il quale il lavoratore dà la propria disponibilità a svolgere la prestazione lavorativa alla “chiamata” del datore di lavoro. La normativa, disciplinata dal Dlgs 81/2015 prevede la possibilità di stipulare il contratto a chiamata scegliendo tra 2 tipologie di contratto:

  • con obbligo del lavoratore di rispondere alla chiamata: per tale obbligo il lavoratore riceve un’indennità chiamata di “disponibilità”;
  • senza obbligo di disponibilità (la casistica più frequente): in questo caso il rapporto contrattuale si “attiva” solo se il lavoratore risponde alla chiamata.

Quando si può ricorrere al lavoro a chiamata? La normativa prevede due casistiche:

  1. Nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi applicati: in assenza di tale regolamentazione, occorre necessariamente rifarsi alle mansioni ritenute discontinue individuate con DM. Nelle more dell’emanazione del DM (di prossima pubblicazione), ci si può rifare alla tabella delle mansioni discontinue per le attività elencate nel RD 2657/23;
  2. In alternativa, se non è possibile rientrare nell’ipotesi di cui sopra, è sempre possibile stipulare contratti a chiamata per lo svolgimento di qualsiasi tipologia di attività con soggetti di età inferiore ai 24 anni o con soggetti di età superiore ai 55 anni, anche pensionati.

Tra gli obblighi in capo al datore di lavoro, oltre a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, c’è anche quello di effettuare una comunicazione di inizio della prestazione lavorativa al ministero del lavoro: infatti, prima dell’inizio della prestazione lo stesso datore di lavoro è tenuto a comunicare la data di inizio e di fine della prestazione lavorativa con le modalità previste dalla normativa. La sanzione per l’omessa comunicazione, che è di natura amministrativa, va dai 400 ai 2400 euro in relazione a ciascun lavoratore.

E’ fatto divieto di ricorre al lavoro intermittente se il datore di lavoro non ha effettuato la valutazione dei rischi. È altresì vietato per sostituire lavoratori assenti per sciopero o per lo svolgimento di mansioni di lavoratori che nei sei mesi precedenti siano stati oggetto di licenziamenti collettivi, di sospensione o di riduzione di orario con diritto al trattamento di integrazione salariale.

Nel rapporto di lavoro a chiamata quindi al lavoratore spetta, in proporzione alle ore lavorate e solamente nei periodi di effettivo impiego, lo stesso trattamento retributivo, previdenziale ed assicurativo di un lavoratore di pari livello occupato con normale contratto di lavoro subordinato.

Per contrastare fenomeni di abusivismo dello strumento, è ammesso ricorrere al lavoro a chiamata, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. Tale limitazione non si applica ai settori del turismo, dei pubblici esercizi. Il superamento del periodo massimo di utilizzo comporta la trasformazione a tempo pieno ed indeterminato del rapporto di lavoro.