Supporto alle donne incinte nel mondo del lavoro. Un bene o un male?

Supporto alle donne incinte nel mondo del lavoro. Un bene o un male?

Un nuovo studio ha rivelato che le lavoratrici che ricevono più supporto a lavoro durante la gravidanza sono più inclini a licenziarsi dopo il parto.

Marjorie Greenfield ha molte storie da raccontare su come i datori di lavoro stiano fallendo nel creare luoghi di lavoro che incoraggino le donne ad eccellere.

Greenfield, autrice del “Libro per donne lavoratrici incinte”, ricorda un’intervista con un pilota donna che lavorava per una compagnia aerea che non permetteva alle donne di volare durante il primo ed il terzo trimestre di gravidanza a causa dei malesseri mattutini e dell’affaticamento. La prima volta che il pilota rimase incinta lo comunicò immediatamente al suo capo il quale la sollevò dall’incarico nonostante lei si sentisse bene. Quindi, quando rimase incinta del secondo figlio, tenne la notizia segreta fino al secondo trimestre di gravidanza così da poter continuare a lavorare.

La storia del pilota mostra la complessità nel trovare un giusto approccio per aiutare le lavoratrici a bilanciare lavoro e gravidanza senza farle sentire improduttive o peggio – non competenti. Fallire nel fare ciò può avere costi significanti per i datori di lavoro: un nuovo studio ha scoperto che più aiuto una donna incinta riceve a lavoro, più è probabile che lo voglia lasciare dopo la nascita del bambino.

“Ci sono involontarie conseguenze nei tentativi ben intenzionati di supportare le donne”, ha detto Judith Clair, professoressa associata nel dipartimento di organizzazione e management al Boston College in Massachusetts e co-autrice dello studio. “Alcuni di questi sforzi si possono ritorcere contro”.

Clair ed i suoi tre autori collaboratori hanno monitorato 120 donne lavoratrici incinte ed hanno fatto loro compilare report settimanali sulle loro esperienze a lavoro. Hanno poi continuato a seguire queste donne nei nove mesi successivi al parto per vedere come il supporto ricevuto a lavoro durante le loro gravidanze abbia influenzato le loro decisioni in merito di carriera post partum.

Lo studio ha rivelato che le donne che avevano ricevuto più aiuto erano più inclini a sviluppare giudizi negativi riguardo le loro abilità di essere madri lavoratrici. Il tipo di aiuto contava. Le donne incinte tendono ad essere grate per aiuti pratici, come avere permessi per uscire prima per un appuntamento dal dottore o essere autorizzate a riposarsi un po’ durante le ore di lavoro.

Più problematico è stato l’aiuto mirato a diminuire i livelli di stress e di carico di lavoro, come essere sollevati da un incarico complicato quando la donna si sente in grado di affrontarlo. La reazione negativa riflette una teoria psicologica chiamata “minaccia della considerazione di sé stessi”, nella quale un’assistenza può a volte confermare le paure delle persone che già non possiedono di una buona sicurezza anche se rendono bene come al solito.

Secondo lo studio, le donne si preoccupano delle loro performances a lavoro durante la gravidanza e di come bilanciare la competitività, ad esempio lottare contro i malesseri mattutini e al tempo stesso mantenere lo stesso carico d lavoro.

“Quando vi è aiuto a disposizione, le donne percepiscono ciò come un segno della loro incapacità di rendere bene”, dicono gli autori dello studio.

Queste preoccupazioni non sono infondate. Le lavoratrici incinte sono spesso viste come un rischio sicuro. Ci sono anche diversi fattori in gioco su come le persone rispondano ad un corpo in dolce attesa, ed una credenza, spesso inconscia, che una donna appartenga alla casa. Gli studi hanno mostrato che le donne incinte sono viste come meno competenti ed affidabili – e molto più premurose ed irrazionali – rispetto alle donne che non sono visibilmente in attesa.

Le persone credono ancora a molti stereotipi sull’incertezza delle buone capacità lavorative di una madre, e questi si vedono soprattutto in presenza di donne incinte”, dice Emily Martin, consulente generale e vice presidente per la giustizia nei luoghi di lavoro al Centro Nazionale no profit per i diritti delle donne “Potrebbero immaginare, senza rendersene conto, che una volta che incinta, il suo lavoro non sia più una sua priorità e potrebbero trattarla di conseguenza, questa è discriminazione“.

Lo studio si è concentrato sui tipi di relazioni più informali fra donne incinte e datori di lavoro o colleghi piuttosto che sulle politiche aziendali e programmi di supporto delle grandi aziende stesse.

“Questa è la parte più difficile per gli organizzatori perché richiede alle compagnie di alzare i livelli di consapevolezza dei manager e dei colleghi riguardo interazioni appropriate ed inappropriate”, dice Clair. “E’ più difficile individuare questo tipo di comportamenti”.

Per esempio, una delle partecipanti allo studio, durante un incontro con il suo capo, ha dovuto giungere ad un accordo riguardo il suo permesso di maternità e riguardo ad una data prevista per il ritorno a lavoro. Il suo capo di risposta le ha consigliato di tenersi larga con la programmazione di questi piani in quanto non sarebbe riuscita a prevedere come si sarebbe sentita con l’arrivo del bambino.

“Il suo capo aveva buone intenzioni, ma stava lanciando segnali su come sarebbe stata vista una volta tornata, creando un ambiente nel quale lei avrebbe iniziato a mettere in dubbio le sue capacità e nel quale si sarebbe chiesta che opinione le altre persone avrebbero avuto su di lei”, ha detto Clair.

Non è un terreno facile per le aziende questo. Lo studio suggerisce alle stesse di creare programmi appositi e corsi informativi che aiutino le lavoratrici a sentirsi a loro agio negli ambiti lavorativi.

Fonte: https://www.theguardian.com/sustainable-business/2016/nov/07/employers-support-pregnant-employees-backfire